Incontro su Epistolari italiani del Settecento: novità e progetti in corso

Il 23 novembre 2011, presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Verona, nell’ambito del terzo ciclo dei “Seminari del Centro di Ricerca sugli Epistolari del Settecento (C.R.E.S.)” patrocinati dal Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica, si è tenuto un incontro su Epistolari italiani del Settecento: novità e progetti in corso. Le cinque relazioni sono state precedute da una breve introduzione a cura dei membri del C.R.E.S., che hanno comunicato le principali attività editoriali e di ricerca, recenti e in corso, promosse o compartecipate dal Centro. In particolare, Fabio Forner ha illustrato struttura e potenzialità del nuovo sito del Centro (www.cresverona.it), tuttora in corso di implementazione.

I lavori si sono aperti con la relazione di Claudia Sojer (Il progetto di edizione dell’epistolario Pez e le relazioni intellettuali veneto-austriache nel primo Settecento), bizantinista dell’Università di Vienna, la quale ha presentato nelle sue linee generali il progetto di edizione dei carteggi dei benedettini austriaci Bernhard e Hieronymus Pez (http://www.univie.ac.at/monastische_aufklaerung), progetto il cui primo, consistente frutto a stampa è l’edizione del primo dei quattro tomi della corrispondenza (Thomas Wallnig - Thomas Stockinger, Die gelehrte Korrespondenz der Brüder Pez. Text, Regesten, Kommentare. Band 1: 1709–1715, Wien-München, Böhlau-Oldenbourg, 2010). La studiosa si è poi soffermata sulla corrispondenza intercorsa, negli anni 1717-1720, tra Bernhard Pez e due eruditi veneti, anch’essi benedettini, Giuseppe Maria Sandi e Attilio Vignola, rispettivamente bibliotecario e archivista dell’abbazia di Santa Giustina di Padova, e cooperatori del Pez nell’edizione della sua Bibliotheca Benedictina, poderoso repertorio bio-bibliografico dei ‘letterati’ benedettini.

Successivamente Milena Contini, dell’Università di Torino, ha esposto il suo progetto per la pubblicazione della corrispondenza inedita fra Tommaso Valperga di Caluso (1737-1815) e Giovanni Bernardo De Rossi (1742-1831), che avrà luogo nella collana «Edizioni e strumenti» del C.R.E.S. (Il carteggio Caluso - De Rossi). Sono lettere preziose per arricchire le nostre conoscenze su due intellettuali di grande spessore e, inoltre, possono risultare interessanti per gli studiosi di orientalistica, e in particolar modo di ebraico e arabo. La Contini ha poi riferito sommariamente del contenuto delle missive, nelle quali tutto ruota intorno a libri e codici, dalle disquisizioni filologiche più dotte ai problemi di spedizione e di pagamento, dalle lamentele per l’inefficienza del servizio postale alle proposte per l’interpretazione di un’epigrafe aramaica. La studiosa ha infine illustrato i criteri di trascrizione che intende seguire nella sua edizione: questione che ha acceso uno stimolante dibattito, soprattutto in ordine alla resa dell’interpunzione e dei segni diacritici.

Silvia Contarini, italianista dell’Università di Udine, ha incentrato il suo intervento sul carteggio tra Melchiorre Cesarotti e il filologo e letterato olandese Michael Rijkloff van Goens (1767-1769), riprodotto solo parzialmente nell’epistolario dell’abate padovano pubblicato a inizio Ottocento dal Barbieri (Il carteggio tra Melchiorre Cesarotti e Michael Rijkloff van Goens (1767-1769)). Il ritrovamento di sette lettere inedite di Cesarotti presso la Koninklijke Bibliotheek dell’Aja è il punto di partenza per una ricognizione sulla figura poliedrica di van Goens, e sulla natura stessa di un dialogo epistolare che tocca i punti più importanti dell’opera di Cesarotti, come la traduzione dell’Ossian e la sua circolazione in Europa. Anche questa progettata edizione vedrà la luce nella suddetta collana del C.R.E.S.

Già curatrice di parte del secondo volume dell’Edizione Nazionale del Carteggio di Lodovico Antonio Muratori, Carla Forlani, del Centro di Studi muratoriani di Modena, ha toccato di alcuni corrispondenti inclusi nel quinto volume, ora in preparazione, della ricordata Edizione Nazionale (Dal volume V del Carteggio di Muratori: i corrispondenti veneti). La studiosa si è soffermata su alcune corrispondenze venete, minori ma non prive di interesse, intrattenute dall’erudito vignolese: con il nobile veneziano Francesco Baglioni, interessante per l’operetta muratoriana sul Cristianesimo felice nelle missioni de’ padri gesuiti nel Paraguai (1743); con il celebre prelato padovano Giovanni Francesco Barbarigo, che invia copia di un prezioso manoscritto sulla vita di Carlo Zeno, poi inserito nel tomo XIX dei Rerum Italicarum Scriptores; con il nobile poligrafo vicentino Lodovico Barbieri, che sottopone al Muratori le proprie opere filosofiche e scientifiche; con il controverso docente e antichista padovano Giuseppe Bartoli; con l’editore veneziano Gasparo Baseggio, impegnato nel pubblicizzare i propri cataloghi librari.

Infine, Elisabetta Selmi, dell’Università di Padova (Contributo ai carteggi di Apostolo Zeno), ha riferito di un ricco fondo epistolare, per larga parte inedito, conservato alla Biblioteca Queriniana di Brescia, quello dei due Gagliardi, Giulio Antonio e il più noto canonico Paolo, senza dubbio fra le voci più significative di quell’erudizione bresciana del primo Settecento che culminerà con Gianmaria Mazzuchelli, l’autore degli Scrittori d’Italia. Significativa la corrispondenza dei Gagliardi con Apostolo e Pier Caterino Zeno: un dialogo serrato su questioni molteplici che coinvolgevano diversi ambiti del sapere, dall’antiquaria all’erudizione storica e letteraria, dalle nuove metodologie dell’ermeneutica biblica o dell’agiografia al problema della traduzione dei testi sacri. In particolare, oltre a queste già evidenziante, nella corrispondenza tra Apostolo Zeno e Giulio Antonio Gagliardi si rendono ben visibili anche altre direttrici fondamentali della cultura letteraria del tempo, dagli sviluppi della polemica italo-francese Orsi-Bouhours al ruolo trainante del veneziano «Giornale de’ letterati d’Italia», dalla circolazione libraria alla questione teatrale, tra pulsioni ‘nazionalistiche’ e modelli francesi.

Alle relazioni ha fatto seguito un ampio e partecipato dibattito. Vi si è discusso, fra l’altro, come si è anticipato, di metodologia ecdotica dei carteggi, ma anche dell’edizione settecentesca dell’epistolario gagliardiano (1763), nella quale è inserito un Ragionamento sugli epistolari di Giambattista Chiaramonti che si può considerare un primo tentativo di storia del genere epistolare.

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La discussione ha infine avuto un’interessante appendice epistolare in margine alla prima relazione, della quale si crede utile dar conto in questa sede.

Scrivendo a Claudia Sojer, Corrado Viola ha infatti avanzato qualche perplessità sull’uso della categoria storiografica di ‘illuminismo cattolico’ presente nell’intitolazione del progetto di ricerca cui fa capo l’edizione dei carteggi Pez. Propendendo, nel caso che proprio si voglia etichettare, per una definizione meno ‘marcata’ (‘cattolicesimo illuminato’?), Viola ha rilevato come l’iniziativa dei Pez di una Bibliotheca Benedictina non sembri ascrivibile a un progetto ‘illuministico’, per lo meno in senso stretto, inserendosi piuttosto nel solco di analoghe imprese erudite secentesche la cui traccia sarà ancora ben visibile, ad es., nella Bibliotheca Benedictino-Casinensis dell’Armellini (1732-1733).

Intervenendo nel dibattito, Thomas Wallnig, direttore del progetto Pez e fresco autore della voce Monachisme et Lumières per il Dictionnaire du monachisme diretto da Daniel-Odon Hurel, ha per parte sua richiamato il recente volume di Ulrich Lehner, Enlightened Monks. The German Benedictines, 1740-1803 (Oxford, Oxford University Press, 2011), e sottolineato il rilievo, in proposito, di tre questioni. In primo luogo il diffondersi, nella storiografia di lingua tedesca a inizio-metà del secolo scorso, a partire dagli studi del teologo Sebastian Merkle, dell’espressione Katholische Aufklärung, che è stata messa in discussione in maniera più fondata soltanto verso il 1990, nella collettanea Katholische Aufklärung – Aufklärung im katholischen Reich, curata da Harm Klueting (Hambrug, Meiner, 1993): un volume dal quale risulta che Illuminismo e Cattolicesimo potevano trovare un terreno comune solo negando alcuni loro caratteri essenziali. Secondariamente, va considerata la rivendicazione di una ‘religiosità’ illuministica, evidenziatasi nella storiografia anglosassone in particolare in reazione all’Enlightenment Contested. Philosophy, Modernity, and the Emancipation of Man 1670-1752 di Jonathan I. Israel (Oxford, Oxford University Press, 2006): a David Sorkin, ad es. (The Religious Enlightenment. Protestants, Jews and Catholics from London to Vienna, Princeton-Oxford, Princeton University Press, 2008), che istituisce un confronto fra gli ‘illuminismi’ di matrice ebraica, cattolica e protestante, è parso poco utile marcare una linea di separazione troppo recisa tra «mainstream Enlightenment» e intellettuali di ambito più strettamente ecclesiastico; idea ripresa e sviluppata per il mondo benedettino dal già ricordato Ulrich Lehner, per il quale il «Catholic Enlightenment» rappresenta una (tardiva) applicazione dei precetti tridentini; prospettiva, questa, alla quale Wallnig dichiara di consentire, ma giustificando l’uso descrittivo della categoria Aufklärung soltanto relativamente all’epoca in cui venne usata dagli stessi eruditi cattolici, epoca che coincide con la ricezione di Kant da parte dei Benedettini negli anni Ottanta-Novanta del Settecento. Come terzo e ultimo punto, Wallnig precisa che, nel titolo del progetto Pez, le espressioni «Monastic Enlightenment» e «Benedictine Republic of Letters» si intendono virgolettate, cioè come enunciazioni di problemi che vanno (e, come si è visto, già sono stati) discussi: lungo il Settecento tedesco ci fu un periodo, grosso modo dalle polemiche d’inizio secolo relative a Mabillon fino alla riforma ‘giuseppista’ degli studi teologici operata da Franz Stephan Rautenstrauch, abate di Brevnov, in cui Aufklärung gradatamente divenne un termine usato in accezione positiva; e addirittura «aufgeklärt» poterono essere classificati gli apporti del Pez ai conflitti eruditi del suo tempo nella Lipsia degli anni Settanta, sia pure da editori protestanti impegnati a spacciare il dotto benedettino per una sorta di «Mabillon tedesco». Infine Wallnig conclude che la discussione deve ovviamente considerare anche la tradizione storiografica italiana, per la quale rinvia, oltre agli studi di Giuseppe Ricuperati, a un articolo di Mario Rosa inserito nella collettanea A Companion to the Catholic Enlightenment in Europe, curata da Ulrich L. Lehner e Michael Printy (Leiden-Boston, Brill, 2010).

Allo studioso della ‘letteratura’ italiana primosettecentesca non può non venire in mente l’espressione «lumi dell’erudizione», che dà il titolo a un bel volume di Ezio Raimondi (Milano, Vita e Pensiero, 1989), per larga parte dedicato allo studio del Muratori discepolo di Bacchini e di Mabillon. In ogni caso, è persino ovvio sottolineare come quella relativa all’opportunità di parlare di un ‘Illuminismo cattolico’ non sia certo una mera quaestio de terminis, ma al contrario una discussione così ampia e importante che sarebbe pretestuoso voler esaurire, soprattutto in questa sede.

Dai successivi scambi di vedute intercorsi fra Viola e Wallnig è parso a entrambi di poter concordare sulla sostanziale plausibilità, nel titolo del progetto Pez, della categoria in uso nella storiografia tedesca di ‘Katholische Aufklärung’, ma con tanto di virgolette problematizzanti.

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